Dal 25 agosto al 1 settembre ho partecipato per la prima volta al Campo Dolomiti della parrocchia di San Marco Vecchio, nella quale ormai da molti anni sono catechista. Ho infatti accompagnato alla Cresima diversi gruppi ma fino ad ora non mi era mai capitato di impegnarmi anche nei campi estivi, benché siano un occasione importante nella vita della parrocchia. Accade però che di solito coincidono con gli esami di Stato, oppure con il periodo di ripresa della scuola. Così era anche quest’anno (il 1 settembre di solito iniziano le verifiche dei debiti) ma le insistenze del parroco hanno vinto la mia titubanza e sono riuscita in qualche modo a organizzare in modo da poter partecipare.
Al campo partecipavano 40 ragazzi e una quindicina di adulti, tra gli educatori, gli animatori i responsabili e gli addetti alla cucina. Siamo partiti la domenica mattina, fermandoci a Padova per celebrare la S. Messa (non ho mancato di affidare a sant’Antonio tutte le consorelle, ma in particolare suor Consolata, che lui conosce molto bene, essendo spesso indaffarato a ritrovare cose per suo conto) e pranzando presso le suore salesiane, tra le quali ho avuto la gioia di incontrare suor Cristina, conosciuta tramite il mio blog qualche anno fa. Soggiornavamo presso una casa salesiana a san Martino di Castrozza.
La preparazione del campo era stata lunga e accurata, per quanto apparentemente caotica. Fin da marzo si è incominciato a cercare un tema che accompagnasse tutta la settimana. Alla fine la scelta è caduta sul film “Avatar” che permetteva di trattare diversi temi. Io mi sono occupata, insieme ad un'altra catechista, di stendere il copione delle scenette che “raccontavano” il film ai ragazzi, introducendo anche di volta in volta il tema delle varie attività: la conoscenza di sé e l’accettazione del proprio corpo, l’accoglienza del diverso, la necessità di discernere l’azione di Dio attraverso l’attenzione alle piccole cose, il tradimento ed il perdono, la necessità di scelte consapevoli e forti, l’entrare a far parte, con la Cresima, di un nuovo popolo.
Le scenette erano brevi, ma rese indimenticabili dagli splendidi costumi e dall’impegnativo trucco.
Gli animatori sono stati impareggiabili, sottoponendosi pazientemente alla tortura, ma anche il parroco non è stato da meno, impersonando con verve il padre della protagonista Neytiri e prendendosi anche una sonora bastonata in testa nella concitata (e un po’ troppo realistica) grande scena della battaglia finale.
Il campo prevedeva attività molto suggestive come il gioco notturno, sempre molto atteso dai ragazzi che ne conoscono l’esistenza dai racconti entusiasti dei compagni più grandi, e l’alzataccia ed il cammino notturno per giungere a vedere l’alba sulla cima della montagna. Altre attività implicavano uno sforzo maggiore di riflessione e di approfondimento dei temi. Ai ragazzi è particolarmente piaciuto doversi dipingere la faccia per manifestare agli altri qualcosa di sé che normalmente non appare. A me è particolarmente piaciuto il pomeriggio in cui l’attività era volta a far comprendere ai ragazzi la necessità dell’attenzione per discernere la presenza di Dio. I ragazzi erano divisi in squadre e dovevano a turno fare dei giochi in cui era richiesta soprattutto attenzione: il parroco mostrava loro dei film contenenti errori che loro dovevano individuare, altri animatori sottoponevano loro giochi enigimistici, e io sottoponevo loro degli stereogrammi, disegni astratti che guardati nel modo giusto rivelano al loro interno una immagine tridimensionale.
Gli sforzi tesi a riuscire a vedere l’immagine nascosta, in effetti, producevano espressioni davvero buffe:
Coronate poi dalle grida di giubilo ed entusiasmo quando infine l’immagine tridimensionale finalmente emergeva. Anche gli altri animatori, a cena, hanno voluto provare questa bizzarra “magia”; io invece avrei voluto vedere i filmati con gli errori, ma non c’è poi più stato tempo.
Nel programma erano previste anche diverse passeggiate, da quella per andare a vedere l’alba all’orienteering verso le alte cime. Io però non ho il fisico, e difatti mi è stato permesso di fare la pigrona, facendone una col pulmino, e l’altra in funivia, con la scusa di accompagnare quelli che avevano nei giorni precedenti subito qualche storta nella concitazione dei giochi. La bellezza delle Dolomiti però mi ha fatto avvertire tutto il peso di questa forzata rinuncia alla fatica dell’ascesa...
Raccontare tutte le attività, le scenette ed i giochi, come anche i momenti di preghiera, l’adorazione eucaristica, il silenzio di fronte al miracolo dell’alba, le ore piccole in cucina fra noi adulti per mettere a punto la giornata seguente, commentare quella appena terminata ed intanto rimpinzarsi con spaghettate notturne, pane e nutella o meravigliose ricette della cuoca, le punizioni per i disturbatori notturni (che un ragazzo ha definito “la cosa più bella del campo”!) e tutto il resto, sarebbe troppo lungo. Qualcosa però non può non essere raccontato: una delle scene decisive del film “Avatar” è quando il protagonista, per riguadagnare la fiducia persa a causa della propria ambiguità al limite del tradimento, doma il grande mostro volante Toruk, arrivando poi dall’amata a cavallo dello stesso. Noi catechiste avevamo rinunciato a riprodurre questa scena, ma gli animatori non si sono dati per vinti davanti alle nostre esitazioni davanti alla complessità del compito, e hanno costruito e dipinto una grande Toruk di gommapiuma, che poi il protagonista doveva cavalcare legato con una imbracatura da roccia. L’attrezzatura tecnica era stata provata all’esterno della casa, ma il fatidico giorno pioveva a dirotto, e quindi si è dovuto d’urgenza studiare un cambio di ambientazione, scegliendo il salone. Per non mostrare ai ragazzi nessuna anteprima, li abbiamo portati a giocare fuori malgrado il tempo da lupi.
La sottoscritta in ginocchio sulle scale d’uscita ha implorato la Madonna di far cessare la pioggia almeno per il tempo di durata del grande gioco finale, che consisteva in una battaglia a colpi di spugne imbevute di colore lanciate con le fionde. Avrebbe dovuto essere un po’ più ardita e chiedere che smettesse per tutto il pomeriggio, perché la pioggia si è interrotta sì per il tempo del gioco, ma solo per quello, facendoci infradiciare e congelare durante la preparazione, l’intervallo di cambio campo e la successiva paziente opera di recupero dei materiali usati... Io avevo addosso praticamente tutto il guardaroba che mi ero portata, dalla tuta da ginnastica al vestito invernale alla giacca a vento, ma ciononostante ero completamente intirizzita. Provavo a pensare al fastidio provato a Firenze per le alte temperature dell’estate per farmi forza, ma ho salutato con vero sollievo il termine del gioco. I ragazzi invece, incuranti degli scrosci di pioggia e del vento gelido, avrebbero voluto continuare a giocare...
Dopo il rientro e le docce per scongiurare qualche polmonite, è giunto il fatidico momento della grande scenetta così lungamente preparata: i ragazzi sono entrati nel salone accolti da suggestivi effetti sonori ed ecco il protagonista dominare la scena dall’alto del soffitto, a cavallo del mitico, gigantesco Toruk che agitava lento e solenne i suoi tre metri di apertura alare!
Le facce colme di meraviglia dei ragazzi hanno ricompensato gli animatori per il lungo lavoro di preparazione e l’ardimento mostrato nel non voler rinunciare a nessun costo alla scena del grande Toruk! Il quale poi però ha dovuto essere distrutto, perché una volta montato non entrava più nel pullman!
Dopo la scena in cui il protagonista, ormai perdonato dall’amata dopo la vittoria contro i malvagi, viene finalmente incorporato nel suo popolo, abbiamo terminato il campo con la Santa Messa, in cui veramente il Signore incorpora ciascuno nel suo vero Corpo, che è la Chiesa.
Partecipare al Campo Dolomiti è stato per me davvero una bellissima esperienza, tanto che nel viaggio di ritorno stavo già pensando al tema da proporre per l’anno prossimo...
Suor Marzia